Saloni

Il Salone di Genova tra vittime e carnefici

Il Secolo XIX – Genova – Pesanti tagli al personale (da 56 a 36 dipendenti: un drastico trentacinque per cento in meno), riduzione di stipendi e straordinari. Risparmi su tutto – manutenzioni, portineria, vigilanza, pulizie, casse, forniture, canoni demaniali – grazie a contratti di global service con aziende specializzate che forniscono chiavi in mano un insieme di servizi. E poi: un deciso giro di vite sul fronte del recupero crediti, anche se questo può voler dire uno scontro “fratricida” con Comune e Autorità portuale.

Il piano di salvataggio della Fiera, che chiuderà il bilancio 2012 (il terzo consecutivo in rosso) con un deficit di 2,5 milioni di euro, prospetta sacrifici per tutti. Persino per Ucina, la potente associazione dei costruttori di barche da diporto che organizza con la spa di piazzale Kennedy il Salone Nautico. Per fronteggiare la crisi del settore, che comporterà un crollo dei profitti (-45% rispetto al 2011) legati alla prossima kermesse, la Fiera mira a ridurre – dal 23 al 18 per cento – il “compenso” a Ucina calcolato sulla base di fatturati e vendita dei biglietti. Il piatto piange, e allora nessuna indulgenza con i creditori. E pazienza se, tra questi, figura in prima fila il Comune, principale azionista della Fiera (con il 32 per cento delle quote).
Nel piano industriale 2012-2014 messo a punto dal nuovo management di piazzale Kennedy per evitare il fallimento della società fieristica, oltre ai molti “buchi neri” ereditati dalle passate gestioni e alle possibili azioni di rilancio, si evidenzia un credito di 540 mila euro nei confronti di Palazzo Tursi. Tale cifra, anticipata dalla Fiera per “lo smontaggio e il rimontaggio della reception di Levante, tra il 2009 e il 2010, in occasione dei lavori di rifacimento della copertura del Bisagno”, non è ancora stata rimborsata dal Comune.
È uno dei tanti paradossi di una situazione che vede proprio il Comune e gli altri soci della spa (Regione, Camera di commercio, Provincia e Autorità portuale) nel duplice ruolo di “vittime” e “carnefici”. Da una parte, infatti, gli enti pubblici sono additati dagli attuali vertici della Fiera e dagli stessi dipendenti come principali (e in molti casi unici) responsabili di scelte sbagliate – vedi la costruzione del nuovo padiglione B e l’affidamento della nuova Darsena nautica – che hanno messo in ginocchio la Fiera.
Dall’altra, gli stessi soci sono chiamati ad uno sforzo economico straordinario, particolarmente doloroso in fase di spending review , per garantire la ricapitalizzazione della società, condizione necessaria ma non sufficiente – sottolinea il nuovo cda nel piano industriale – per evitare di portare i libri in tribunale. Comune, Regione (tramite Filse) e Camera di commercio hanno accettato di finanziare la ricapitalizzazione per un totale di 1,4 milioni di euro (che a regime dovranno diventare 6 milioni) da investire subito nella realizzazione del nuovo portale d’ingresso. Autorità portuale e Provincia si sono invece chiamati fuori.
Palazzo Tursi, in particolare, metterà sul piatto circa 600 mila euro: domani è atteso il via libera del consiglio comunale (stamane la pratica sarà esaminata in commissione consiliare). Dopodiché molti problemi restano aperti. «L’aumento di capitale – scrivono nel piano industriale il presidente Sara Armella e l’amministratore delegato Giuseppe De Simone – deve essere inserito in più ampio quadro di azioni».
Quali? I manager puntano prima di tutto l’attenzione sulla nuova Darsena nautica, su cui la Fiera ha investito 7,3 milioni di euro, e paga canoni «troppo alti» all’Autorità portuale che non avrebbe «mai riconosciuto l’investimento sostenuto dalla società». Un’altra lamentela è indirizzata al Comune, esortato a cedere alla Fiera la piena disponibilità degli spazi espositivi, attualmente di proprietà comunale.
Una parte importante del dossier sullo stato di salute della Fiera è riservata al nuovo padiglione B progettato da Jean Nouvel e costato 40 milioni di euro. La Fiera ha contribuito con 6 milioni di euro ritrovandosi sul groppone un’opera dai costi di mantenimento proibitivi: 485 mila euro all’anno a fronte di una spesa per la manutenzione complessiva del quartiere fieristico che nel 2012 è di su un milione e 450 mila euro. Quattro anni fa, per mantenere il decoro dei (vecchi) padiglioni la Fiera spendeva “appena” 424 mila euro.

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