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L’intelligenza artificiale può aiutare a salvare vite?

In un interessantissimo articolo apparso su Scuttlebut Sailing News, si analizzano le potenzialità di strumenti che sfruttano l’intelligenza artificiale per potenziare le prestazioni umane. In questo caso specifico per salvare vite. Di seguito un abstract e in fondo la fonte per approfondire

“La decisione di sospendere una ricerca è sempre difficile da prendere e mai fatta alla leggera. Quando inviamo le nostre squadre di soccorso, lo facciamo con la grande speranza di poter riportare le persone a casa sane e salve; i nostri pensieri e le nostre preghiere sono con le famiglie dei diportisti dispersi in questo momento incredibilmente difficile.”

Da Scuttlebut Sailing News – Secondo il comandante Matthew Mitchell, ex ufficiale della USCG, uno dei motivi per cui alcuni soccorsi non vanno a buon fine è legato agli strumenti utilizzati dalle squadre di ricerca.

L’uso di tecnologie di rilevamento obsolete, l’inevitabile variabilità dell’osservazione umana e la mancanza di strumenti di pianificazione completamente integrati hanno contribuito a una statistica allarmante: solo il 19% circa delle operazioni di ricerca e soccorso che coinvolgono persone in mare si conclude con un salvataggio.

Secondo Mitchell, questo problema affligge da decenni l’industria marittima. “La sfida principale che dobbiamo affrontare è che le autorità di ricerca e soccorso semplicemente non dispongono degli strumenti adeguati per rilevare e tracciare efficacemente le persone in acqua.”

Durante la sua carriera ventennale nella Guardia Costiera degli Stati Uniti, Mitchell ha supervisionato lo sviluppo dei sistemi di pianificazione per le operazioni di ricerca e soccorso, ottenendo così una prospettiva privilegiata sulle difficoltà di lunga data del settore.

“Dei 20 diversi tipi di sensori utilizzati oggi dalla Guardia Costiera, solo tre possono essere integrati in modo affidabile nei piani di ricerca,” afferma. “Le prestazioni delle nuove tecnologie di rilevamento in ambienti diversi, con differenti tipologie di obiettivi, non sono ancora ben comprese.”

Questa scarsa conoscenza delle capacità dei sensori si somma all’inevitabile variabilità dell’osservatore umano, che rimane ancora oggi il principale strumento di individuazione delle persone in mare durante le operazioni di soccorso.

“Abbiamo investito milioni nello studio delle capacità dell’occhio umano, ma resta comunque uno strumento incostante e inaffidabile,” sottolinea Mitchell. “Se a questo si aggiungono le difficoltà di operare in mare agitato, con scarsa visibilità e in condizioni avverse, si ottiene una ricetta per il disastro.”

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