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Alinghi: ecco perché BOR ha torto

 La Société Nautique de Genève (SNG), yacht club defender della 33a America’s Cup, ha presentato oggi, alla Suprema Corte di New York, le sue motivazioni contro la nona causa legale intentata dal Golden Gate Yacht Club, che contiene un’errata interpretazione della regola della “costruzione nel paese d’origine” del Deed of Gift, il documento che governa l’evento. I documenti presentati riaffermano l’interpretazione di SNG secondo la quale soltanto lo scafo ‘yacht or vessel’ deve essere costruito nel paese del club che detiene la Coppa.
Le affermazioni di SNG sono sostenute da precedenti storici, come le dichiarazioni contenute nell’affidavit di John Rousmaniere, un storico ed esperto di America’s Cup secondo il quale: “I donatori della Coppa che hanno redatto il Deed of Gift originale non hanno mai contemplato limiti nella realizzazione di vele all’estero o costruite con tecnologia estera. Loro stessi, infatti, utilizzarono vele inglesi quando vinsero per la prima volta l’America’s Cup con lo schooner America. Quando poi George Schuyler, l’ultimo armatore della goletta America sopravvissuto, nel 1882 aggiunse la clausola della costruzione nel paese d’origine, si preoccupò di sottolineare che la Coppa rimanesse un evento davvero competitivo, preservandone allo stesso tempo caratura internazionale. Per questo motivo limitò la regola della costruzione nel paese d’origine soltanto allo scafo e non alle vele”

Altri documenti presentati alla Corte confermano che le richieste del GGYC sono, di fatto, errate. Le vele di SNG sono state costruite in Svizzera e questo è confermato da un affidavit di Tom Whidden, presidente della North Sails e da un certificato ufficiale di origine svizzera emesso dalla Camera di Commercio elvetica.

“SNG è sicura del fatto che la sua barca rispetti i dettami del Deed of Gif, anche nella regola della ‘costruzione nel paese d’origine’. La nostra interpretazione è confermata dal linguaggio stesso del Deed of Gift, da precedenti storici e dalle intenzioni dei donatori della Coppa”, ha dichiarato Fred Meyer, vice-commodoro di SNG. “Per diverse ragioni l’accusa del GGYC è di fatto sbagliata e noi abbiamo presentato alla corte evidenze sostanziali che comprovano che le nostre vele sono realizzate in Svizzera. È nostra opinione che si deve regatare l’8 Febbraio. Il GGYC dovrebbe interrompere la sua strategia tesa a ritardare lo svolgimento dell’evento per cercare di guadagnare tempo e quindi di trarre un vantaggio in termini di prestazioni rispetto al Defender e dovrebbe anche lui pensare a riportare la regata in acqua. Se tuttavia il challenger intende proseguire nella sua strategia legale, allora il giudice dovrebbe osservare con attenzione la barca americana, che non rispetta l’interpretazione che lo stesso GGYC da del Deed of Gift” ha concluso Meyer.

Mozione sulla costruzione nel paese d’origine della barca americana
Parallelamente ai documenti che contestano le accuse del GGYC, SNG ha presentato una mozione per la quale, se l’interpretazione della regola della costruzione nel paese d’origine del GGYC dovesse essere riconosciuta dalla Corte, allora la loro stessa imbarcazione sarebbe non conforme al Deed of Gift e quindi illegale.
Diversi affidavit a firma di esperti internazionali nel settore della progettazione delle imbarcazioni, come Duncan MacLane e Nigel Irens, supportano il fatto che il trimarano del GGYC è una barca di progettazione francese e non americana, come dimostrano anche le fotografie allegate alla mozione. La barca del GGYC inoltre è realizzata con una serie di componenti non americani. L’imbarcazione di BMW Oracle non è nemmeno uno sloop sospinto dalle vele, ovvero da una randa e un fiocco come dichiarato nel certificato di sfida presentato a suo tempo dal club Americano, ma da un albero alare. La documentazione presentata da SNG dimostra come l’ultima causa presentata dal GGYC trasgredisca lo spirito del Deed of Gift e come lo yacht club di Larry Ellison abbia dimenticato il significato di “a friendly competition between nations” una competizione amichevole tra nazioni.

Estratti dagli affidavit degli esperti:

Estatto alle dichiarazioni di John Rousmaniere (USA), storico dell’America’s Cup:
”Per più di cento anni nelle regate dell’America’s Cup, il concetto di nazionalità è sempre stato applicato soltanto agli yacht club e agli scafi delle imbarcazioni. Non c’erano restrizioni in questo senso sulle vele nella prima regata del 1852, quando gli armatori dell’imbarcazione americana utilizzarono vele inglesi.
La prima restrizione formale negli scambi internazionali di vele e di altri componenti tecnologici è stata applicata soltanto nella 19a edizione nel 1962, quando il fiduciario di allora, il New York Yacht Club, pubblicò quella che potremmo definire una “risoluzione interpretativa” che limitava lo scambio di tecnologia all’interno dei confini nazionali. Successivamente furono imposte altre restrizioni, a volte anche in conflitto tra loro, fino a quando tutte le interpretazioni furono annullate proprio da SNG e dal GGYC prima delle recenti regate del 2007”.

“A parte gli scafi, le vele, così come i velisti e i velai non erano interessati dalle restrizioni sulla nazionalità e senz’altro non lo erano nelle intenzioni dei donatori della Coppa e del fiduciario il New York Yacht Club.”

“Seguendo l’interpretazione della regola come proposta dal Golden Gate Yacht Club nella sua azione legale, nella maggior parte delle 19 edizioni sia il challenger sia il defender (e a volte entrambi) sarebbero potuti essere squalificati”.

“Sin dalle proteste e dalle polemiche che investirono lo yacht canadese Atalanta relativamente al fatto che la sua forma di scafo fosse riferibile a un’imbarcazione americana, il verbo “constructed” ovvero costruito può soltanto aver significato “designed and built” cioè progettato e realizzato. Niente è stato mai detto o anche sottinteso nel “Secondo Deed” circa le vele, il fasciame o altre parti standard riconducibili alla costruzione”

Estratto dall’Affidavit di Tom Whidden (USA), presidente della North Sails:
“Io assumo che Alinghi ha realizzato le vele di Alinghi 5 in Svizzera come segue: 1) assemblando i pannelli di tessuto 3DL per realizzare il corpo delle vele. 2) realizzando la finitura delle vele in tutte le sue parti con i tradizionali metodi della lavorazione artigianale s; (3) trasportando le vele realizzate all’ormeggio di Alinghi 5.”

Estratto dall’ affidavit di Nigel Irens (GBR), progettista di multiscafi dell’omonimo studio:
“Dal mio punto di vista, l’imbarcazione di BOR è un’estrapolazione e un adattamento di altri attuali progetti dello studio francese VPLP.”

Estratto dall’ affidavit di Duncan MacLane (USA), progettista di multiscafi:
“Negli ultimi 10 anni la progettazione di multiscafi di grandi dimensioni negli stati Uniti ha avuto uno sviluppo poco significativo. La maggior parte di questa attività si è concentrata in Europa, con progettisti europei. Il trimarano di 90 piedi di BOR è chiaramente l’espressione della filosofia di questi trimarani da regata europei, in particolare degli ORMA 60 e dei loro programmi di sviluppo.”

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