Economia

Confindustria Nautica: rischio di aumento canoni demaniali

Il paventato maxi aumento dei canoni demaniali (attraverso una sovrattassa regionale) se riferito anche alle concessioni relative ai porti e agli approdi turistici rischia di rappresentare la mazzata definitiva sul settore del turismo nautico e della nautica in Sicilia. Una soluzione tanto sbrigativa quanto sciagurata, che si tradurrebbe nell’ennesimo spreco pubblico, considerata la precedente politica che la stessa Regione ha messo in campo per il sostegno e lo sviluppo della portualità turistica. L’amministrazione dell’Isola si dimostrerebbe in tal modo incapace di fare sviluppo – tagliando la spesa improduttiva – per attaccare uno dei pochi settori ancora capace di generare indotto e occupazione. Ciò senza peraltro certezza di introiti, come dimostrano l’interminabile contenzioso già avviato a fronte dei rincari fissati dalla Finanziaria 2007 e l’esperienza della cosiddetta “tassa Soru”.

Proprio gli uffici della Regione Sardegna qualche settimana fa avevano provato ad abbozzare una norma simile, ma una verifica attenta e la stessa volontà del presidente Cappellacci – conscio che avrebbe fatto molti più danni dei denari eventualmente raccolti – ha portato al suo veloce accantonamento. “È impensabile che i nostri amministratori, a livello centrale come locale, non si rendano conto che la nautica, grazie all’indotto turistico, è uno dei pochi asset di sviluppo delle economie costiere e in particolare del Sud del Paese” – afferma incredulo Anton Francesco Albertoni, presidente di Ucina Confindustria Nautica.

Ucina ha presentato già due anni fa al Governo un Piano per creare indotto, occupazione e gettito immediato per l’erario semplicemente semplificando le norme che rendono impossibili gli investimenti dei privati.

“Se la Regione Sicilia cerca risorse ma anche sviluppo” – conclude Albertoni – “si faccia portabandiera e interprete, per quel che le compete, di questo progetto e avrà tutto il sostegno, anche tecnico, della nostra associazione”. Diversamente sarà il mercato a fare giustizia, ma i primi a farne le spese saranno proprio i siciliani.

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