I «cervelloni» sarebbero piazzati su piattaforme disseminate negli oceani
Progetto innovativo per coprire tutte le zone del pianeta e per sfruttare energia a basso costo (e non pagare tasse)
MILANO – Una flotta di computer in mezzo al mare, per ridurre i costi e garantire che i flussi di dati che attraversano internet possano raggiungere anche quelle aree del mondo in cui, per vari motivi, installare infrastrutture di rete sulla terraferma non è possibile. L’idea è di Google ed è riportata oggi dal Times. La società di Mountain View ha presentato richiesta di un brevetto per la costruzione di data center nell’oceano: in pratica, server e tecnologie di rete all’interno di container impilati a bordo di piattaforme mobili ancorate al largo.
SERVER TRA LE ONDE – Un progetto, questo, che oltre a colmare il divario digitale, consentirebbe a Google di avere a disposizione la potenza di calcolo necessaria al funzionamento ottimale del suo motore di ricerca, con notevole beneficio anche in termini di costi.
ENERGIA E TASSE – I data center marini sarebbero raffreddati tramite l’acqua del mare e alimentati grazie all’energia prodotta dal moto ondoso, il che si tradurrebbe in un risparmio economico non indifferente, oltre che in una internet un po’ più verde. Secondo un recente studio della società di consulenza McKinsey, infatti, nel corso del 2005 questi centri di elaborazione dati hanno consumato l’1 per cento dell’elettricità globale, e si stima che entro il 2020 le emissioni dei computer che permettono la vita della rete supereranno quelle del traffico aereo. Senza contare poi che la grande G non dovrebbe pagare le tasse sulla proprietà delle piattaforme disseminate nei mari del mondo, in quanto offshore e quindi – nella maggior parte dei casi – non soggette a tassazione. Il che non guasta.
Alessandra Carboni (corriere.it)