Presentato ieri il rapporto del Censis sull’economia del mare, un focus è stato dedicato alla nautica da diporto. Secondo quanto presentato l’Italia detiene uno dei più importanti parchi nautici al mondo, composto da 618.500 imbarcazioni. Si tratta del quarto Paese europeo per numero di unità, preceduto soltanto dai tre Stati della penisola scandinava.
Negli anni più recenti il diportismo si è affermato come realtà decisamente interessante e competitiva, la cui pratica è sempre più diffusa (tra il 2007 e il 2008, per esempio, il parco nautico nazionale aumenta del 4,4%) e capace di stimolare la crescita economica di una vasta serie di attività legate al mare, dal turismo alla cantieristica. In termini di numerosità delle imbarcazioni, l’Italia contribuisce per circa il 18,4% alla produzione europea del comparto, con 26.300 unità realizzate nel corso del 2008, di cui 10.000 a motore, 1.200 a vela e circa 15.000 unità pneumatiche da diporto (gommoni, ecc.). In particolare, con oltre 5.000 unità l’Italia ha la leadership nella produzione di unità a motore entrobordo ed entrofuoribordo: si tratta di un segmento particolarmente prestigioso e ad elevato valore, dato che tale categoria si riferisce nello specifico alla produzione di yacht e barche di grandi dimensioni. Il valore della produzione nazionale della cantieristica da diporto ammonta complessivamente a 2,5 miliardi di euro, con una quota destinata alle esportazioni pari al 58,3%.
La produzione, sia per i livelli quantitativi che per gli standard qualitativi che è in grado di offrire, soddisfa la quasi totalità della domanda nazionale di prodotti per la nautica. Le importazioni sono quindi assolutamente residuali ed il loro valore ammonta appena a 223 milioni di euro: l’8% del fatturato complessivo del settore. Sull’import hanno un’incidenza piuttosto significativa barche a vela e fuoribordo, pur restando complessivamente positivo anche per questi due comparti il saldo tra esportazioni ed importazioni.
La cantieristica in senso stretto rappresenta ovviamente la voce principale del fatturato generato dalla nautica da diporto. Ad essa vanno poi aggiunti 936 milioni di euro nel comparto degli accessori (il 23,4% del totale) e 317 milioni di euro nel comparto motori (il 7,9%). Nonostante la situazione di crisi economica abbia portato ad una generale contrazione della produzione italiana di unità da diporto tra il 2008 e il 2009 (con una flessione del 25%), nel complesso i dati mostrano una sostanziale tenuta rispetto ai valori del 2005. Il quinquennio era stato, infatti, caratterizzato da un vivace dinamismo imprenditoriale che aveva portato la produzione dagli iniziali 2,5 miliardi fino a 3,4 miliardi di euro, per poi tornare ai valori precedenti (tab. 3.41). Una evoluzione di rilievo nella cantieristica da diporto italiana è rappresentata dalla tendenziale specializzazione sul segmento degli entrobordo e degli entrofuoribordo, la cui incidenza complessiva sul totale della produzione è in continua crescita, passando dall’85,2% del 2005 all’89,8% del 2009. È invece iniziata ben prima della crisi la contrazione nella produzione di fuoribordo (-38,7% tra il 2005 e il 2009), barche a vela (-28,3%) e unità pneumatiche (-27,7%). Nel complesso, si può dire che verso la metà del decennio il diportismo ha vissuto una stagione piuttosto felice; una stagione che oggi sta tuttavia conoscendo una fase leggermente più tiepida. Un lieve calo di attrattività del comparto si può cogliere, per esempio, nella diminuzione delle patenti nautiche rilasciate presso gli Uffici marittimi periferici: erano 20.300 nel 2004, sono 16.500 nel 2009. Liguria, Sicilia e Lazio sono le tre regioni con il maggior numero di nuove patenti.
Un ulteriore segnale di difficoltà è rappresentato dalla flessione nel numero di nuove immatricolazioni. Se nel 2006 si sono iscritte 4.500 imbarcazioni da diporto, il loro numero si è progressivamente ridotto negli anni successivi passando a 4.160 nel 2008 e a 2.870 nel 2009. Presso gli Uffici marittimi regionali sono oggi iscritte 81.592 unità da diporto. La prima regione è la Liguria, con 20.000 imbarcazioni, seguita dalle 11.300 della Toscana e dalle 9.500 di Lazio e Campania. L’incremento complessivo, tra il 2004 e il 2009, è stato del 15%, con punte superiori al 20% in Toscana, nel Lazio, in Veneto, in Friuli Venezia Giulia e in Sardegna.
Tale trend rende ancora più evidente uno dei problemi tradizionalmente irrisolti del diportismo, rappresentato dall’inadeguato numero di posti barca disponibili lungo le coste italiane. Nel quinquennio considerato, questo tipo di strutture sono aumentate del 14,1%. Al 31 dicembre 2009 si contano in totale 146.170 posti barca, due terzi dei quali destinati a natanti di lunghezza inferiore ai 10 metri (tab. 3.45). A soffrire una situazione di quasi saturazione è soprattutto la fascia intermedia, 10-24 metri, dove si contano 46.000 posti barca per 44.000 unità attualmente immatricolate. Dal punto di vista dei servizi offerti, ovviamente i più completi sono i porti turistici: strutture che solitamente dispongono di tutto ciò che è funzionale al diportismo. L’unica carenza riscontrabile riguarda la distribuzione di carburante, disponibile soltanto per il 70% dei posti barca. Ben più limitati sono i servizi reperibili presso gli approdi turistici, dove oltre alla distribuzione di carburante spesso manca un’offerta di informazioni, la vigilanza o la disponibilità di parcheggio. Gli ormeggi, com’è ovvio, sono essenzialmente funzionali al semplice attracco. Dal punto di vista geografico, Veneto, Marche e Sardegna si presentano come le regioni capaci di offrire al diportista la maggiore dotazione di servizi, mentre le regioni più carenti sembrano essere Toscana, Friuli Venezia Giulia, Liguria e Sicilia.