L’analisi mostra infatti come la percentuale di spazi non redditizi, ovvero le aree verdi, gli spazi d’interscambio, piuttosto che la quota di specchio acqueo destinata alla movimentazione delle barche, oscilli tra il 13% dei poli funzionali e il 20% dei marina, influenzando significativamente la redditività complessiva a svantaggio di questi ultimi. L’esame dell’Osservatorio Nautico Nazionale ha infine rilevato l’incidenza degli oneri finanziari sul fatturato delle strutture portuali, in particolare sui marina, che, oscillando intorno al 4%, appesantisce significativamente la loro redditività. Il dato sale al 7%, soglia pressoché insostenibile, nel caso delle concessioni demaniali rilasciate dopo il 2004.
A conclusione della presentazione dello studio, sono intervenuti i presidenti delle tre associazioni di riferimento: Anton Francesco Albertoni (UCINA), Roberto Perocchio (Assomarinas) e Luciano Serra (ASSO.N.A.T.) Perocchio e Serra, dopo aver ricordato come i controlli fiscali persecutori delle scorse stagioni abbiano danneggiato il turismo nautico (calo dei transiti stimato intorno al 15%), hanno sottolineato la necessità di mettere in rete il sistema portuale italiano come avviene in altri paesi del Mediterraneo, quale indispensabile strategia per offrire servizi sinergici e, allo stesso tempo, salvaguardare le attività locali esistenti.
Albertoni ha ricordato come la storica carenza di posti barca dell’Italia abbia frenato per decenni lo sviluppo del settore: “Certamente non può accadere che oggi, di fronte alla crisi economica che colpisce anche i porti, si voglia giocare al rialzo delle tariffe. Serve sicuramente una politica di Governo e Regioni per dirimere la questione dei canoni demaniali, ma le aziende portuali devono sapersi mettere sul mercato internazionale, come oggi fa l’industria, la cui produzione nautica è venduta per oltre il 70% all’estero”.