Fatica e duro allenamento, impegno e dedizione, costanza e sudore, per poi giocarsi tutto in quelle maledette regate che possono determinare un posto tra le stelle oppure nella stalla. Quante volte capita anche sul posto di lavoro o nella quotidianità che lo stress gioca brutti scherzi e fa in modo di compromettere un percorso preparatorio che magari dura mesi. E’ un pò quello che accade ai velisti che per anni preparano il loro accesso alle olimpiadi. Raggiungono ottime prestazioni nei campionati continentali ma lì sul campo olimpico, perdono di vista l’equilibrio interiore e mandano in fumo il sogno. E’ inutile fare nomi, perché purtroppo di atleti italiani che hanno subito il timore del sogno, quello che per i tennisti si chiama il “braccino” di vincere, ce ne sono stati. E’ un tema affascinante, già trattato da Sailbiz, ma abbiamo chiesto ad un professionista della psicologia dello sport, per di più pluricampione mondiale, olimpionico con numerose partecipazioni in Coppa America, cosa scatta nella testa dell’atleta e come lui ha vissuto in passato l’ansia da prestazione: Roberto Ferrarese.
FERRARESE: IL PERCORSO ACCADEMICO
“Dopo cinque anni di università, un anno di tirocinio, sei mesi per il conseguimento dell’esame di stato, e il titolo di Psicologo dello sport con un master di eccellenza (Psicosport Milano), finalmente ho potuto riflettere e meditare su quanto avevo fatto nella mia lunga carriera sportiva, ancora in essere da 50 anni e nel mio percorso formativo.
Taglio tutto il superfluo solo per dire che finito il master mi sono emozionato e commosso al pensiero di quanto avrei potuto raccogliere di più se solo avessi saputo parte di quello che ho imparato solo p
ochi anni fa. Ma più che raccogliere mi piace affermare ora: quanto meglio sarei stato se avessi saputo…….
FERRARESE: L’EQUAZIONE DEL SUCCESSO
Infatti posso riassumere le mie attuali conoscenze con una equazione semplice ma esplicativa al massimo:
+ benessere = migliori prestazioni + risultati
Più benessere ??? Mi chiedono spesso ….. Cosa vuol dire? Vuol dire tante cose ma in sintesi:
- percepirsi e fare capire ad allenatori non proprio preparati sugli aspetti mentali che ognuno di noi è unico, diverso, e che un atleta deve “sapersi sentire” e trasmettere i suoi bisogni.
Mi viene in mente quanto tempo ho buttato preparando le Olimpiadi di Mosca e quelle di Los Angeles con programmi demenziali, senza obiettivi, con viaggi e spostamenti dal mio amato profondo Sud solo per perdere tempo in balia di un ambiente torbido e mediocre focalizzato solo sui risultati.
La persona? Solo un risultato !! Bravissimo se vincevi, Imbecille se perdevi, assurdo!
Ancora oggi ripenso con stupore a quanta:
- approssimazione
- mancanza di rispetto
- collusione con chi imbrogliava
LA PASSIONE DI FAR STAR BENE GLI ATLETI
Sento ancora rabbia ma per fortuna l’ho quasi tutta trasformata in passione! Passione per far stare bene gli atleti che seguo. Cioé riuscire a:
- superare in modo più leggero gli inevitabili momenti clou quando il livello di attivazione è talmente alto (pensiamo a quando gli atleti si giocano le medaglie ad una Olimpiade) da dare ansia non funzionale alla buona prestazione
- concentrarsi senza pensieri disturbanti avvicinandosi così sempre di più a quello “stato di flusso” così ricercato nello sport (e nella vita)
- momenti difficili quali infortuni o lunghe trasferte attraverso una sana e ben fatta visualizzazione dei gesti tecnici.
- avere routine allenate e funzionali fatte di giusta respirazione, di un buon dialogo interno, di visualizzazione, di richiami tecnici specifici ecc per superare nel modo migliore qualunque fase di gara.
PICCOLI GRANDI CONSIGLI PER L’ATLETA
Questi sono solo esempi ma la materia è complessa e affascinante. E’ una materia fatta di empatia con l’atleta e con la “persona” in primis. Ci tengo a sottolineare che il grande aiuto che possiamo dare agli atleti, agli sportivi in genere, alle persone, prescinde dal livello tecnico. Chiunque faccia sport può stare meglio con piccoli, grandi consigli. Così come ognuno di noi nella vita di tutti i giorni può stare meglio.
Ecco perché la mia interpretazione di supporto ad uno sportivo comprende la conoscenza più o meno approfondita della persona che vi è dietro.
Ecco l’importanza della psicologia, e della psicologia dello sport: sette anni di studio, un percorso personale di analisi, 50 anni di vita da atleta e passione nel seguire chi affronta lo sport a tutti i livelli.