Oceano

Intervista a Raffaele Fredella, tecnico specializzato della Bet1128 Sailing Team

Per farvi conoscere meglio l’avventura del Bet1128 Sailing Team abbiamo intervistato una serie di operatori che da dietro le quinte hanno permesso a Gaetano Mura e Sam Manuard, di gareggiare in quella fantastica transoceanica nominata Transat Jacques Vabre. Il primo interivstato è stato RAFFAELE FREDELLA, un tecnico di Armare, azienda specializzata nell’attrezzatura di coperta. Lui stesso regata ed è l’uomo che segue direttamente Fantastica di Raspadori e D’Alì. E’ un ragazzo in gamba, poliedrico, che nel giro di 24 ore ha organizzato i soccorsi a Gaetano. E’ stato 4 ore in testa d’albero sotto la pioggia per riparare un guasto. Ha dormito in ostelli e accettato soste di un’intera nottata per cambio volo pur di raggiungere per tempo Gaetano e una volta a La Coruna ha coordinato tutto.

 

Allora, Raffaele, tu eri appena rientrato in Italia, la Jacques Vabre era partita da qualche giorno. Improvvisamente ricevi una chiamata da una persona mai vista ne sentita. Ti parla di un problema serio occorso a Gaetano Mura e Sam Manuard, l’equipaggio di bet1128. Ricordi quella telefonata?

Ricordo molto bene!  Ero appena rientrato a Trieste di ritorno da Le Havre, dove avevo seguito la partenza della Jacques Vabre per conto di Armare (equipaggiamenti tecnici di coperta, ndr). Il giorno dopo ricevo questa telefonata, mi dicono che c’è stata una rottura su una delle barche e che c’è bisogno di immediata assistenza. Non mi sono potuto tirare indietro…

Quindi si è trattato di organizzare una vera e propria operazione di soccorso, la gestione di un caso d’emergenza, cosa avete fatto?

Intanto dovevo trovare il pezzo di ricambio. Sono riuscito a trovarlo a Ravenna, ma non potendo prenderlo io l’ho fatto portare fino a Ferrara dove mi sono incontrato con una persona per recuperarlo. Nel frattempo da BET1128 mi organizzavano i dettagli di viaggio per La Coruna. Sono corso all’aeroporto di Venezia, il volo per Madrid chiudeva alle 18:15 e sono arrivato alle 18:10! La notte l’ho passata a Madrid, non c’era altra soluzione, la mattina alle 6 primo volo per La Coruna e lì mi sono incontrato con un rigger locale (specialista di equipaggiamento di coperta, ndr) e con un tecnico elettronico.

E cosa hai trovato là? Non è bastato sostituire qualche particolare…

Alcuni pezzi erano rotti e andavano sostituiti, altri si potevano riparare ma non era semplice. Abbiamo coinvolto delle officine locali, che sono arrivate con attrezzature per tornire e fresare i pezzi. Io mi sono issato sull’albero, dove ho passato 6 ore (fra l’altro sotto la pioggia e ormai al buio). Con il lavoro combinato mio, del rigger spagnolo e dei carpentieri siamo riusciti a sistemare l’albero.

Nel frattempo, il tecnico elettronico ha dovuto sostituire integralmente il computer sottocoperta, che si era danneggiato per l’acqua. E’ riuscito a salvare l’hard disc, ma ha dovuto adattargli un computer da casa legandolo al tavolo del carteggio. Comunque, in otto ore siamo riusciti a sistemare tutto!

Come hai trovato l’equipaggio, di che umore erano Gaetano e Sam?

I ragazzi erano tranquilli, anzi molto sereni. Certo, stanchi, stanchissimi. Ci hanno aiutato a fare le riparazioni, poi hanno approfittato della sosta per concedersi un po’ di riposo. Quando hanno capito che ci volevano diverse ore ci sono rimasti male perché avrebbero perso un’ottima posizione in classifica, ma se volevano proseguire non c’era alternativa…

Sappiamo che i ritmi di sonno veglia in navigazioni come questa vengono pesantemente alterati. Per giunta Gaetano e Sam avevano alle spalle una nottata davvero non facile.

Infatti, al di là della serenità nel sapere che c’era un team al lavoro per sistemare i problemi, li abbiamo visti proprio “cotti”. I primi giorni di navigazione sono stati impegnativi a causa del meteo, e dopo questa rottura avevano passato la notte completamente in bianco.

Parlando di Gaetano Mura, come persona prima ancora che come velista, qual è la prima caratteristica, la prima qualità che ti viene in mente?

Lo conosco da poco, in realtà dai giorni prima della partenza di questa Transat Jacques Vabre. La prima impressione, ma fatemi spiegare il termine, è quella di “selvaggio”. Intendo nel senso più bello del termine: ovvero un vero, genuino amante della natura. Uno che la ama e la vive. Che la sa vivere, non solo apprezzare passivamente.

Tu in realtà sei il “tutor” del team di Fantastica. Qual è la differenza più importante, più evidente fra Gaetano e Pietro D’Alì?

Pietro e Gaetano si sono capiti al volo. Vanno d’accordo, perché entrambi sono istintivi ed entrambi hanno questo rapporto stretto con la natura. Pietro viene da un mondo molto diverso, quello delle derive e delle competizioni, mentre Gaetano ha iniziato relativamente tardi. Se chiedi a Pietro perché va in barca, o cosa prova, non ti sa dare una risposta: lo fa e basta. E’ come se fosse la sua vita, non è lavoro e non è passione. Gaetano invece ti sa spiegare il suo entusiasmo, le sue motivazioni. Lui è arrivato alla vela d’altura dopo aver fatto tanto altro (comandante di charter e armatore di pescherecci fra le altre cose, ndr) quindi è stata più una scelta. Ma entrambi hanno la stessa, enorme motivazione.

Come vedi questo finale di TJV 2013?

Negli ultimissimi giorni è l’assenza di vento a fare la differenza. Nel golfo di fronte a Itajaì c’è pressione debole e molto variabile, per cui le barche di centro gruppo (fra cui BET1128 e Fantastica di d’Alì e Raspadori) si sono aperte a ventaglio e tutto può succedere. Ognuno cerca un po’ di vento in più…finale apertissimo. 

E noi siamo pronti a viverlo…Grazie Raffaele, a presto.

Grazie a voi, e in bocca al lupo a tutti gli equipaggi in arrivo, ma soprattutto agli Italiani!!

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