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La nautica e la crisi, se ne è parlato al Seatec

 “Dinamiche Economiche, Valori e Competenze della Produzione Nautica in Italia” è stato  il titolo del convegno promosso da Cna Produzione Nautica venerdì 10 febbraio. Il settore è in crisi nera da qualche anno ormai e le istituzioni non possono più permettersi di stare a guardare. Se non bastasse la tassa di stazionamento, introdotta dal decreto Salva-Italia ci pensa la Regione a rincarare la dose, chiedendo conto adesso di una vecchia imposta sulle concessioni marittime, mai esatta fino ad oggi. Sul finire del 2011, infatti, i concessionari dei porti e dei singoli posti barca si sono visti recapitare una missiva con la quale si chiedeva il pagamento dell’imposta regionale sul demanio marittimo relativa al 2006. Da qui il fondato timore di veder arrivare analoghe richieste per gli anni successivi.

Il volume dei fatturati è crollato, dal 2008 al 2010 del 40%, la nautica italiana mantiene, e questo è il dato più importante, la sua leadership mondiale anche e soprattutto grazie al riflesso, al fascino, al valore aggiunto che il Made in Italy garantisce ancora.”Un settore di eccellenza” quindi, come ebbe a dire lo stesso Andrea Giannecchini, responsabile Cna nautica nazionale, in occasione della presentazione dei dati del progetto Trend riguardante l’andamento delle piccole e medie imprese operanti in lucchesia.

Un fattore che è stato determinante nella sostanziale tenuta della cantieristica ma che non fa – è bene precisare – presagire ripartenze nel breve periodo: “Prevediamo un ritorno alla normalità nel 2015 – ha anticipato Giannecchini – per quella data gli equilibri saranno probabilmente diversi e dobbiamo essere pronti”. Come li costruiscono gli italiani gli yacht ancora non li costruisce nessuno ma occhio – il monito – ai paesi emergenti. “Dobbiamo guardarci – ha spiegato ancora – dai paesi emergenti alla luce del processo di delocalizzazione che se pur ancora limitato è in crescita”.

Ed è proprio il service, l’attività di manutenzione, a caratterizzare il nuovo scenario nazionale incidendo sui fatturati complessivi nella misura del 35% (valore medio). In pratica le imprese della diportistica si sono “adeguate e hanno risposto alla crisi – ha spiegato ancora Giannecchini – investendo e convertendosi, in taluni casi, al refit”.

Si vendono meno yacht per effetto della congiuntura internazionale sfavorevole, soprattutto nel mercato interno che rappresenta il 90% circa, ma il parco dei natanti esistente è molto ampio e ha necessità di “tagliandi” periodici. A conferma del trend: 4 imprese su 10 (circa il 37%) hanno incrementato il proprio fatturato grazie all’attività di refit.

Tra i dati in rilievo quello legato al livello di indebitamento: 3 imprese su 10 segnalano un aumento dei propri crediti commerciali (ovvero prestazioni effettuate, fatturate ma non pagate). “Per difendere il Made in Italy è ora necessario – ha concluso Giannecchini – plasmare quel patto di filiera, la rete tra cantieri e subfornitura. Un’alleanza strategica per mantenere quella leadership mondiale che solo il connubio perfetto di cantieristica e subfornitura può garantire per il futuro”.

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