L’attuale situazione della “Querelle” legata alla America’s Cup ha spinto Francesco De Leo, Ceo del consorzio “Green Comm Challenge”, a questa serie di analisi e considerazioni.
“In molti si domandano quale sarà il futuro della Coppa America, in particolare dopo due anni trascorsi nelle aule dei tribunali nello Stato di New York, in una contesa che sembra riservare ogni giorno nuove sorprese fra Alinghi (il Defender) e BMW-Oracle (il Challenger of Record). A mio avviso è opportuno mantenere le questioni che riguardano l’evoluzione di quella che è la più antica e forse più prestigiosa competizione al mondo in prospettiva, senza lasciarsi trascinare nella querelle che ha finito per dividere il campo dei protagonisti fra quelli a favore dell’uno o dell’altro contendente. Un primo dato certo, è che anche questa volta la Coppa America sopravviverà agli eventi che ne segnano la storia. Fra dieci anni, volgeremo indietro lo sguardo alle schermaglie legali che segnano questa fase, ancora interlocutoria, e se ne perderanno le tracce, di quella che ormai è una sfida che vede a più riprese il team americano di BMW-Oracle trascinare la Coppa America nelle aule dei tribunali. In una prospettiva di medio termine, Alinghi ed Ernesto Bertarelli possiamo dire che sono entrati di diritto nella Hall of Fame della Coppa America: nessuno prima del team svizzero è stato in grado di vincere la Coppa America al primo tentativo, e quindi di difenderla nell’edizione immediatamente successiva. Non credo vedremo qualcuno ottenere risultati così significativi, in così poco tempo, almeno per i prossimi 10 anni. Credo che, se anche Ernesto Bertarelli dovesse perdere la Coppa America nelle aule della Corte Suprema dello Stato di New York, e non nelle acque di Ras al Khaimah, dove dovrebbe svolgersi la sfida a due con BMW Oracle nel Febbraio 2010, ne uscirà a testa alta, e potrà riconquistare la Coppa in un’edizione successiva, consapevole del fatto non banale, di non avere mai perso la Coppa in una vera sfida in mare. E’ chiaro che gli Americani cercheranno di fare il possibile per tenerci il più a lungo possibile avvinghiati agli sviluppi legali di questa competizione, che meriterebbe ben altri percorsi, più vicini ai valori globali dello sport, che non a quelli di una querelle fra due tycoon miliardari, che sono ai primi posti della classifica annuale di Forbes degli “Uomini più ricchi del mondo”. D’altra parte, dopo avere perso la Coppa a San Diego contro i neozelandesi di Black Magic, nel 1995, non sono stati più in grado di rivincerla, negli ultimi 15 anni. Anche questo vorrà pur dire qualcosa, ed è chiaro che se non si è sicuri dei propri mezzi si cerchino delle “scorciatoie” di ordine legale per ritornare in possesso di un trofeo che peraltro riporta il nome: “Coppa America”. Detto questo, una volta superata la fase attuale, la Coppa America, tornerà ad essere uno degli eventi più seguiti al mondo, a livello dei Campionati Mondiali di Calcio, e della Formula 1, che usando il potere dei mezzi di comunicazione di massa, principalmente la televisione, hanno avuto a disposizione molti anni in più, se non alcune decadi, per diventare quello che sono diventati oggi. In altre parole, c’è stata forse un po’ di fretta nell’immaginare che i passaggi che avrebbero potuto rendere la Coppa America più in linea con quelli che sono i parametri della comunicazione globale del terzo millennio, si sarebbero compiuti con un ampio consenso in tempi oggettivamente così brevi. Quando si cerca di innovare, bisogna dare per scontato che si vanno modificare interessi ed assetti precostituiti: e sono in molti quelli a cui provoca un certo fastidio immaginare una Coppa America non più come gioco per “miliardari”, ma come competizione aperta a molti più protagonisti, provenienti da Paesi non necessariamente legati al gotha della vela mondiale. In altre parole, innovazione e “democratizzazione” della Coppa non sposa molto gli interessi di chi vorrebbe giocarla a tavolino, nei salotti dei grandi circoli velici. Che la Coppa America possa tornare ad essere un grande evento globale lo dimostra ampiamente l’edizione del 2007 a Valencia: 770 milioni di telespettatori, 6.5 milioni di visitatori all’America’s Cup Harbor, e forse le regate più incerte ed appassionanti di sempre, con distacchi minimi fra i competitors. E’ certo un peccato che si sia smarrita la strada, e che l’attenzione e le risorse dei team siano state dissipate in questioni, che comunque prima o dopo andranno verso una soluzione.
Il percorso verso una Coppa America più in linea con quelli che i requisiti globali di un grande evento su scala internazionale dovrà riprendere attraverso la ricerca di un consenso fra tutti i team coinvolti, e non può rimanere una questione a due fra Alinghi e BMW Oracle. In questo senso, c’è molto da imparare dalla UEFA, che se pure con difficoltà, è impegnata ad aggiornare il calcio livello globale per renderlo compatibile con i tempi che stiamo vivendo, ampliando il numero dei protagonisti, e entrando in nuovi mercati. Anche nella fase attuale, sono però convinto che se superiamo le emozioni legate agli eventi del momento, che hanno solo contribuito a creare delle fratture profonde fra i team schierati con Alinghi e quelli che stanno dalla parte di BMW-Oracle, ci siano al cuore del problema delle opportunità che dimostrano a tutti gli effetti la vitalità della Coppa America, per così dire “a prescindere”. La Coppa nel suo complesso, al pari, e forse più della Formula 1 è lo sport per eccellenza dove la componente scientifica/tecnologica raggiunge i limiti dello sviluppo attuale. La quantità e la qualità delle tecnologie impiegate nei multiscafi di nuova generazione che saranno utilizzati nella sfida a due fra Alinghi e Bmw Oracle, rappresentano la convergenza di molti domini disciplinari fra loro originariamente “distanti”, che vanno dalla sensoristica elettronica, allo sviluppo di nuovi materiali, all’impiego di un ” massive computational power”, come non è stato immaginabile fare in passato.
La Coppa America è una grande piattaforma per la convergenza fra diverse piattaforme tecnologiche, con ricadute sulle applicazioni che vedremo nella nostra vita di tutti i giorni. Noi di Green Comm Challenge, stiamo lavorando con alcune delle realtà di punta nello sviluppo di sensori RFID, e di linguaggi e infrastrutture software in grado di consentire la raccolta di dati in tempo reale su molteplici parametri di performance: stiamo utilizzando una delle più avanzate piattaforme di “cloud computing” per potere elaborare quantità di dati nell’ordine di alcuni petatebyte (10 alla 15° ) che in passato avrebbero richiesto risorse dedicate come solo le grandi Università americane, od alcune grandi aziende sarebbero state in grado di avere a disposizione. Come ho già detto in passato, per la prima volta questa è una sfida “science based” e non “technology based”: la scienza, o più specificamente, le scienze di base, che riguardano lo sviluppo di nuovi materiali compositi, le nanotecnologie, e l’applicazione di sensori studiati ad hoc per specifici task applicativi, richiedono una collaborazione sempre più stretta con i centri di ricerca delle grandi Università: noi stiamo lavorando intensamente con il Computer Science LAB dell’Università della California a Los Angeles, con il Politecnico di Torino e l’Università di Pisa, e così pure stanno facendo gli altri team.
La scelta di correre la prossima edizione della Coppa America con i multiscafi ha contribuito ad imprimere un accelerazione alla ricerca, nel suo complesso: i due team Alinghi ed Oracle, che si incontreranno a Febbraio a Ras al Khaimah, od in caso contrario, più avanti nel corso dell’anno, in un’altra location, se gli americani riusciranno a mettere in discussione la sede attuale, avranno a disposizione due straordinarie macchine del vento, le più avanzate ad avere solcato le superfici dei mari, nella storia della nostra civilizzazione.
Non c’è dubbio, che i più conservatori, i “puristi” che pontificano sul reale spirito del Deed of Gift, abbiano storto il naso, e non abbiano gradito la scelta dei multiscafi: ed in parte le loro ragioni devono essere ascoltate. Ma non ci sono dubbi che l’evoluzione tecnologica spinga il mondo verso i multiscafi. Provo a fare un esempio: la crescita del commercio mondiale, che non ha precedenti nella storia, è stata legata sostanzialmente alla co-presenza di prezzi del petrolio relativamente bassi, e allo sviluppo della logistica internazionale basata sulla containerizzazione dei commerci, ovvero al ruolo crescente delle grandi navi di trasporto container. Se oggi possiamo avere l’i-Pod a 99 Dollari, gli schermi piatti per la televisione, a 400$, le Barbie a 19.99$, lo si deve sostanzialmente ad una favorevole congiuntura di prezzi del petrolio relativamente contenuti e dall’efficienza delle navi da trasporto dei container. Per darvi un’idea, una nave porta container commerciale trascorre oggi l’85% del proprio tempo navigando gli oceani rispetto al 55% di quindici anni fa: in questo lasso tempo, la quota dei cargo trasportati dai container è passata dal 35% al 75%. Al tempo stesso, la maggiore velocità nei trasporti ha fatto sì che le navi trasporta container oggi siano più sensibili alla fluttuazione dei prezzi del petrolio.
Ora, quando il prezzo del petrolio ha raggiunto i $ 100 al barile, i costi del carburante per una nave porta container sono arrivati a rappresentare la metà dei costi necessari per lo shipping: l’incremento del prezzo al barile da $30 a $100 ha fatto sì che il costo giornaliero del carburante sia passato da $ 9.500 a $ 32.000. Se pensate che Wal Mart negli Stati Uniti importa prodotti dalla Cina per quasi 18 miliardi di dollari, e sarebbe in un’ipotetica classifica di Paesi importatori, il 6° Paese al mondo, è chiaro che la sfida di rendere i costi della logistica meno dipendenti dal prezzo del petrolio al barile è la sfida dei prossimi anni.
In altre parole, non credo che possiamo tornare indietro nel tempo, rispetto all’evoluzione attuale della globalizzazione: e la soluzione sarà nello sviluppo di grandi multiscafi oceanici, in grado di trasportare container, spinti dalla forza dei venti. Molti degli sviluppi strutturali che vediamo sui multiscafi impegnati in Coppa America, sono destinati ad essere applicati allo sviluppo della logistica del trasporto dei container su scala globale: ogni giorno abbiamo evidenza che i designer che si occupano della progettazione dei multiscafi sono chiamati dai grandi gruppi presenti nello shipping internazionale a progettare navi da trasporto di nuova generazione. Lo sviluppo di questa fase della globalizzazione si riscontra anche nella querelle che vede messa in discussione la scelta di Ras Al Khaimah, negli Emirati, come prossima sede della Coppa America. Non c’è dubbio, che proprio perché di Coppa America si tratta, tutto quello che avviene al perimetro, riverbera sugli equilibri della geo-politica internazionale. La scelta di BMW Oracle di mettere in discussione gli Emirati sotto il profilo della sicurezza, era qualcosa che ci dovevamo attendere, e che ancora una volta richiede un po’ di prospettiva. Non c’è dubbio che la fase attuale di confronto sul tema della proliferazione nucleare legata alla presenza d’impianti di arricchimento dell’uranio in Iran siano oggetto di attenzione da parte della comunità internazionale e dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Nessuno può realisticamente prevedere cosa potrebbe verificarsi fra qui e Febbraio 2010, e non è escluso che la tensione nell’area possa solo aumentare.
Detto questo, dobbiamo riconoscere che gli Emirati costituiscono uno degli snodi chiave nei processi di globalizzazione: personalmente, sono convinto che gli sforzi e gli investimenti che si registrano in quell’area del mondo che è destinata ad essere uno dei centri di punta nello sviluppo delle tecnologie legate alle energie rinnovabili, meritino attenzione e anche qualche rischio in termini di sicurezza. Credo che la scelta di portare la Coppa America negli Emirati sia coraggiosa, sia una scelta innovativa, in linea con lo spirito originale del Deed of Gift di una “friendly competition between nations”: sarebbe un peccato rinunciare a tutto questo, e darla vinta alle minacce del terrorismo internazionale. E credo che BMW-Oracle dovrebbe dare prova di coerenza, come hanno fatto gli Stati Uniti, fino ad oggi.
A questo proposito, vorrei ricordare che dopo l’11 di Settembre, Klaus Schawab decise di spostare la sede del meeting annuale del World Economic Forum da Davos a New York, per dimostrare solidarietà ad una nazione così gravemente ferita da uno degli attacchi più dolorosi del terrorismo internazionale: sarebbe bello che BMW Oracle decidesse di presentarsi a Febbraio, con un atto di reciprocità rispetto a quel gesto che fu così importante, per il suo significato simbolico, in passato. Tutto considerato, è interessante notare, che indipendentemente dai protagonisti, e forse a dispetto di questi, la Coppa America ancora una volta, dopo quasi 160 anni, sia al centro degli equilibri della geo-politica internazionale, ed il terreno della massima evoluzione sotto il profilo tecnologico: forse neppure l’estensore originario del Deed of Gift, custodito dal New York Yacht Club, avrebbe potuto immaginare tutto questo, ma credo che ne sarebbe personalmente in qualche misura compiaciuto”.
Chi è Francesco De Leo Francesco De Leo è Senior Executive Advisor di Capgemini, e membro dell’International Advisory Board di Capgemini nell’area Telco, Media & Entertainment. Nel contempo è Executive Chairman di Green Comm Challenge, con sede a Los Angeles (California), società attiva negli investimenti dedicati al settore green-tech. Francesco De Leo è arrivato in Wind nel Luglio del 2005 come Responsabile della Direzione Business Development & International Affairs, poi Strategy & Business Development, e Corporate Communication. Laureato in Economia Politica presso l’Università Bocconi di Milano (1986) ha conseguito il Dottorato di Ricerca (Ph.D) presso l’Università della California (1994) dove si è specializzato in Strategia alla “Anderson School of Management”(UCLA, University of California, Los Angeles).
E’ stato consigliere di Amministrazione di IFIL, con l’obiettivo di seguire la privatizzazione di Telecom Italia. E’ stato nominato prima consigliere di Amministrazione e membro del Comitato Strategico, e poi, nel Febbraio 1998, Direttore Generale di Telecom Italia e Responsabile per le Strategie e lo Sviluppo Internazionale. Ha guidato la predisposizione del primo Piano Strategico di Telecom Italia successivo alla privatizzazione e ha coordinato molteplici iniziative internazionali, fra le altre l’acquisizione della terza licenza per la telefonia mobile in Spagna, l’acquisizione di Brazil Telecom, e del 25% del capitale di Telekom Austria. Dal 2001 al 2003 è stato membro del Consiglio di Amministrazione di Graviton Inc. con sede a San Diego (California), azienda attiva nella progettazione di soluzioni di “M2M” (Machine to Machine Communication), in ambito wireless (wireless sensory networks). E’ membro dell’Advisory Board di Simtone, società leader nell’ambito delle soluzioni di cloud computing. E’ membro dell’Advisory Board di Media Tenor con sede a Zurigo. Nel 1998 e’ stato nominato ” Young Global Leaders dal World Economic Forum” (Davos, Switzerland). E’ docente titolare del Corso: Strategie d’Impresa (Corporate Strategy) alla LUISS, Roma. E’ stato docente del Corso di Economia e Gestione delle Imprese (Competitive Interaction and Change Dynamics) all’Università L. Bocconi, dove ha coordinato il primo programma di Ph.D. in Management