Ospite di “Coffee Break” su La7, il responsabile dei Rapporti istituzionali di Confindustria Nautica ha fatto una riflessione sul perché è importante dare sostegno al settore nautico
Bisogna sostenere i comparti che possono fare da traino al Paese e il settore nautico è uno di quelli che aiutano in tal senso. E’ questo, in sostanza, il concetto espresso da Roberto Neglia, responsabile dei Rapporti istituzionali di Confindustria Nautica, ospite lo scorso sabato della trasmissione mattutina de La7 “Coffee Break”.
Ponendo l’accento sulla necessità di dedicare “un po’ della riflessione pubblica” al tipo di introiti che si vogliono stimolare per sostenere i debiti che il nostro Paese sta contraendo, il responsabile dei Rapporti istituzionali di Confindustria Nautica ha sottolineato la centralità del settore nautico.
Neglia ha affermato che “la nautica è uno di quei settori di cui si parla molto poco” e, snocciolando qualche numero, ha spiegato: “L’86% della nostra produzione viene esportata, quindi è tutto denaro che dall’estero arriva in Italia. Diamo lavoro a oltre 183mila addetti. Nel solo 2019, un anno non facilissimo, gli assunti a tempo indeterminato sono stati 10mila in più“. Alla luce di queste cifre, il responsabile dei Rapporti istituzionali di Confindustria Nautica ha evidenziato: “Forse quello che manca un pochino è sostenere quei comparti che possono fare da traino al Paese”.
Neglia ha quindi riportato un esempio e ha parlato della cancellazione da parte della Presidenza del Senato di cinque emendamenti al decreto Agosto 2020 fondamentali per la competitività del settore nautico.
Nello specifico, intervenendo nel corso della trasmissione “Coffee Break”, Roberto Neglia ha spiegato: “Nella conversione del decreto Agosto è successa una cosa che ci ha lasciato sconcertati. A testo chiuso – con maxi emendamento del governo e bollinatura della Ragioneria Generale dello Stato – c’è stato un intervento all’ultimo secondo della Presidenza del Senato. Per carità, mi rendo conto che parlo della seconda carica dello Stato, sicuramente si è trattato di un intervento fatto in punta di diritto, ma il risultato è che alcune norme di competitività fiscale che riguardano questo comparto sono state cancellate con un tratto di penna”.
E ha aggiunto: “Il risultato pratico è che noi non riusciamo a colmare un gap di competitività con i nostri concorrenti diretti, che sono tutti Paesi dell’Unione europea, e, una volta che ce l’avevamo fatta, la contrapposizione politica porta al risultato che delle norme che servono a fare Pil vengono cancellate. Nessuno si preoccupa nemmeno di cosa è stato fatto. Forse su questo, come Paese, dobbiamo cambiare un po’ atteggiamento”.
Il responsabile dei Rapporti istituzionali di Confindustria Nautica ha dunque concluso: “E’ solo un esempio, ma ho pensato che fosse giusto farlo perché alla fine questi debiti che stiamo contraendo andranno pur pagati”. Ecco dunque l’importanza e la necessità di sostenere chi potrà pagare questi debiti, come per l’appunto il settore nautico.
Emendamenti al decreto Agosto 2020, il commento del presidente di Confindustria Nautica
Sul tema della cancellazione da parte della Presidenza del Senato dei cinque emendamenti al decreto Agosto 2020 fondamentali per la competitività del settore nautico, era intervenuto il presidente di Confindustria Nautica, Saverio Cecchi, in occasione della conferenza stampa di chiusura del Salone Nautico di Genova 2020. Nello specifico, gli emendamenti facevano riferimento alle operazioni di leasing nautico.
Riferendosi alla necessità di importanti misure normative per il settore nautico, il presidente di Confindustria Nautica aveva affermato: “Constato con sconcerto che il pacchetto approvato dalla Commissione Bilancio nel dl Agosto, inserito nel maxi emendamento del governo e approvato dalla Ragioneria dello Stato, è stato cassato dalla Presidente Casellati a seguito delle polemiche politiche degli scorsi giorni”.
Aggiungendo: “Anche dopo questi mesi difficili, la contrapposizione politica prevale sulle azioni concrete volte ad annullare il gap fra norme italiane e francesi, che spinge le nostre aziende a delocalizzare a oltralpe o a Malta le loro sedi legali e, di conseguenza, anche il versamento delle imposte, e mortifica la capacità delle aziende, del territorio e delle istituzioni locali di dare una prova di resilienza che ci è riconosciuta dal mondo”.