Che sia il velista più titolato, non è una novità, che voglia dare il suo contributo alla crescita dei giovani, pure è una cosa nota, ma che non veda l’ora di rientrare in Coppa, all’indomani della vittoria di Team Oracle, questo non è cosa nota. Dopo l’ennesimo titolo mondiale alla Rolex Farr 40 Worlds, Vasco Vascotto ha rilasciato un’intervista a SailBiz parlando di vela a 360 gradi per celebrare il 21 titolo mondiale. Infatti Vasco è come il vino buono, più passano gli anni e più riesce a prendersi delle grandi soddisfazioni: in 12 mesi tre titoli Mondiali, in tre classi differenti: Rc44, Soto40 e Farr 40. A due prove dalla conclusione il Rolex Farr 40 World Championship sembrava messo in una posizione scomoda per il team italiano in lizza per l’oro finale. Finale al cardiopalma, un pari punti che premia l’equipaggio più in forma, è il coronamento di una stagione e la conferma che Vasco sul Farr 40 ha sempre fatto la voce grossa.
SAILBIZ Vasco, 21°titolo mondiale in circa 23 anni di carriera, senza parlare degli italiani e di quelli europei…praticamente 1 titolo all’anno. Quale è stato il più difficile e quale il più bello?
VASCO VASCOTTO: Il più difficile tutti è sempre l’ultimo, quando regati con le classi monotipo è sempre tutto più difficile. Quello che ricordo con piacere e forse il più difficile è il primo con il quarter ton, equipaggio giovane sconosciuto e con un solo fiocco, ma abbiamo vinto.
SB: Molti dei tuoi titoli sono legati anche alla voglia di qualche armatore di cimentarsi in qualche circuito. Adesso i circuiti sono tanti ma quali sono gli armatori/imbarcazioni/equipaggi a cui sei più legato?
VV: Farei torto a qualcuno perché sono stati tutti importanti, perché si crea un rapporto amicizia tale, non solo lavorativo o semplicemente sportivo. Si vivono delle emozioni insieme che non puoi pensare solo alla regata. Tantissimi armatori che mi hanno regalato grandi soddisfazione, una cosa che mi ha sempre arricchito nel rapporto con i miei armatori sono i cicli lunghi con gli armatori, un rapporto sempre raro.
SB: Tu sei particolarmente legato alla tua terra in generale e a Trieste in particolare. Terra di velisti che si sono fatti valere in tutte le classi. Cosa c’è di speciale oltre alla bora per fare di questa terra una fucina di campioni?
VV: Perché a Trieste tutti hanno sempre cercato di emulare i campioni del passato, perché lo spirito di uomini di mare che si vive nel nostro ha qualcosa di unico.
SB: Prima delle scorse Olimpiadi hai esternato le tue perplessità sulla gestione della Federvela e soprattutto delle giovani promesse che quando devono raggiungere i risultati che contano si perdono. Pensi che qualcosa stia cambiando? Ti piacerebbe mettere a disposizione dei giovani l’esperienza accumulata in 21 titoli mondiali?
VV: Metterei l’esperienza a disposizione senza nessun problema, la realtà però nella la mia analisi è dettata dai risultati fino ad una certa età che arrivano grazie al lavoro dei circoli e successivamente quando si passa alla regate con gli armatori. Allora mi chiedo perché da “piccoli e da grandi” arrivano i grandi risultati e nel periodo olimpico no? questo balza agli occhi indubbiamente.
SB: E’ un momento di crisi economica pesante; la professione del velista ha risentito di questa crisi? E’ ancora una professione che consiglieresti?
VV: La crisi esiste ovunque è penalizzante per molti, i risultati però fanno la differenza come per le azienda, lavorando sodo e con dei programmi precisi si possono raggiungere dei buoni risultati
SB: Il velista di cosa ha bisogno per fare di questo sport una professione? Su cosa occorre investire in termini di formazione per diventare buoni manager di se stessi?
VV: Bisogna seguire delle regole morali che nella vita servono sempre, come la serietà la puntualità e la professionalità. E’ come un mestiere qualsiasi e quando hai dei buoni risultati c’è sempre qualcuno pronto ad investire su di te.
SB: Non ti chiediamo nessun commento sull’attuale Coppa America, ma cosa ti piacerebbe ci fosse nella prossima?
VV: Ci dovrà essere uno sport trainante con monoscafi con vere squadre nazionali e dare spazio alle aziende che con questa coppa sono morte, i velai, i cantieri , ridare lavoro a tutti.
SB: Ti piacerebbe partecipare alla prossima con un team tutto italiano che esprima le migliori eccellenze del nostro paese (sia in termini economici che sportivi) o con un team tutto triestino?
VV: Si mi piacerebbe ancora far parte di quel circo, per mettere a frutto l’esperienza passata, avere l’opportunità di essere competitivo e dimostrare agli altri ma soprattutto a me stesso di essere in grado di fare qualcosa di buona anche in questa competizione.