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Barca a idrogeno: potenzialità, presente e futuro di questa tecnologia

Come funziona una barca alimentata a idrogeno? Quali sono le caratteristiche e le potenzialità? Si è parlato di prototipi che sfruttano questo sistema per avere energia a bordo, ma quanto tempo è necessario attendere per i veri e propri prodotti? E’ tanta la curiosità attorno a questo tema.

Di recente, il Salone Nautico di Genova 2020 ha acceso i riflettori su questa tecnologia. Nel corso dell’evento, infatti, è stato presentato il progetto di h2boat: un “Energy Pack” per produrre energia a zero impatto ambientale. Una tecnologia applicata su una barca a vela Phoenix 24, “h2boat Nikyta“, a cui è stato affidato il compito di effettuare un giro d’Italia da Ventimiglia a Trieste senza l’uso di combustibili fossili, sfruttando solo l’idrogeno come mezzo di immagazzinamento dell’energia. Per scoprire qualcosa di più, Sailbiz ha rivolto qualche domanda all’ingegnere Paolo Olivieri, responsabile commerciale di h2boat.

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Ing. Paolo Olivieri, responsabile commerciale di h2boat – H2Boat_fTaccola©_FAT5401

 

Le barche a idrogeno sono una realtà?

“Noi abbiamo realizzato una barca a idrogeno autosufficiente: Nikyta. Quindi, sì. La barca c’è, esiste ed è una realtà. Attualmente, le barche a idrogeno sul mercato sono dei prototipi. Per passare dal prototipo al prodotto c’è tutto un percorso che stiamo intraprendendo. A breve diventerà una realtà trovare in mare barche a idrogeno certificabili o certificate. Quello che facciamo con la nostra tecnologia, con lo sviluppo del nostro prodotto, è dare la possibilità di mettere in mare una barca a idrogeno e certificarla. Volendo, quindi, già da domani si parte con un processo e si può avere la barca”.

Come funziona l’alimentazione di una barca a idrogeno?

“Si hanno due gas, l’aria e l’idrogeno, che entrano all’interno di una cellula combustibile, una fuel cell. Nella cellula combustibile avviene una reazione chimica: l’idrogeno si scompone nel protone e nell’elettrone. L’elettrone fa un circuito elettrico e produce corrente. Il protone passa attraverso una membrana polimerica, dall’altro lato incontra l’ossigeno e forma acqua. Quello che avviene è un processo chimico. Produciamo quindi corrente elettrica, che a bordo può essere utilizzata come si preferisce. Questa corrente elettrica può alimentare un motore, come può alimentare la rete di bordo in generale”.

Che caratteristiche deve avere una barca a idrogeno?

“Questo sistema può essere installato su qualunque tipo di imbarcazione, sia a vela che a motore. Nello specifico, il nostro sistema di stoccaggio è basato sulla tecnologia degli idruri metallici contenuti in bombole ed è pesante, in quanto queste bombole sono piene di polveri metalliche molto pesanti. All’interno di una barca a vela si riescono a sposare molto bene con il peso che le barche hanno nel bulbo, in quanto va a sostituirlo con un peso funzionale, non solo per la stabilità, ma anche come stoccaggio. Sulle barche a motore si può utilizzare la stessa tecnologia con un lieve incremento di peso totale sull’imbarcazione”.

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Bulbo – h2boat

 

Sul fronte di velocità e autonomia, quali sono le potenzialità di una barca a idrogeno?

“La velocità dipende dal motore, che non è la nostra fornitura. Dipende quindi da come è stata pensata l’imbarcazione in sé. Per quanto riguarda l’autonomia, bisogna innanzitutto dire che il nostro sistema è costituito da tre componenti principali: la fuel cell, il sistema che produce corrente elettrica; uno stoccaggio, che è il serbatoio; l’elettrolizzatore, che a bordo produce idrogeno. Sono tre elementi scollegati, ma uniti, nel senso che in base alle dimensioni dell’elettrolizzatore è possibile produrre una determinata quantità di idrogeno all’ora da stoccare all’interno del serbatoio, che sono gli idruri metallici. In base a quanto è grande il serbatoio è possibile impiegare più o meno tempo e produrre più o meno corrente elettrica”.

Quali sono i vantaggi?

“Il vantaggio principale è poter avere un grande accumulo di corrente elettrica da poter spendere a bordo nel massimo comfort. I sistemi non producono rumori, vibrazioni e cattivi odori. E’ come se fosse una batteria che, nel momento in cui si attiva, offre una grossa capacità energetica, quindi una lunga autonomia, senza però creare rumore, odore e vibrazione; permettendo quindi all’armatore di godersi appieno il comfort senza inquinare e lasciare traccia localmente della sua attività”.

Ci sono degli svantaggi?

“A nostro avviso, gli svantaggi non sono tanto tali, perché quella che può essere considerata la pericolosità dell’idrogeno non è ingestibile. In barca tutti hanno il gas da cucina, che ad esempio stratifica in basso: una fuga di gas riempie la barca e non si ha modo di eliminarla. L’idrogeno è molto leggero, quindi stratificando in alto ed essendo più leggero dell’aria, con una lieve corrente si può eliminare. Non vediamo quindi svantaggi di questa tecnologia. E’ ovvio che il rendimento totale dell’impianto non è come il rendimento del diesel o di una batteria, di contro però si possono avere grandi stoccaggi rispetto alle batterie e si può non inquinare rispetto a quanto accade con i motori diesel. Diciamo dunque che non si tratta tanto di svantaggi, ma di scelte”.

Per quanto riguarda i costi, di che cifre si parla?

“Attualmente sono molto elevati. Quando le nuove tecnologie si affacciano sul mercato hanno costi molto elevati. Basta pensare alle prime Tesla o ai primi televisori al plasma, all’inizio erano alla portata di pochi. E’ sicuramente una questione di anni, ma i prezzi diventeranno più abbordabili. Non comunque alla portata di tutti. Sarà sempre un accessorio abbastanza costoso“.

Al Salone di Genova 2020 avete presentato l’Energy Pack, un sistema per produrre energia a zero impatto ambientale. Come funziona esattamente?

“Su Nikyta abbiamo installato un sistema dove si ha una produzione di 450 Watt di corrente elettrica, di potenza, un serbatoio da 7,5 Kw/h di stoccaggio in idrogeno e un elettrolizzatore da 200 Nl/h. In una barca con gli assorbimenti come quelli di Nikyta – che è un’imbarcazione di sette metri, con solo le luci interne e di navigazione, la strumentazione e un motore da 1 kW, per poter fare manovre di entrata e uscita dal porto e navigazione in caso di bonaccia – permette di avere la gestione completa dei consumi e permetterà di fare il giro d’Italia senza alcuna immissione di CO2“.

Dal punto di vista della sostenibilità è un grande passo avanti…

“Sicuramente sulla vela permetterà di portare l’impatto a livello zero, non solo durante l’uso, ma anche durante lo smaltimento. Non dimentichiamo, infatti, che le batterie al litio quando sono esaurite devono essere smaltite e lasciano traccia. Il nostro sistema è totalmente riciclabile. Una volta che il rendimento degli idruri metallici, che hanno già di per sé cicli elevati – hanno infatti un rendimento pari al 100% nei primi 2mila cicli, poi scendono lentamente fino a 20mila cicli -, non è più soddisfacente, vengono aperti, le polveri vengono rifuse, rimacinate e nuovamente inserite all’interno degli idruri. Ritornano quindi allo stato iniziale. Quello del nostro sistema è già di per sé un impatto ambientale nullo, senza considerare che anche le fuel cell sono totalmente riciclabili. Non lasciamo traccia nel nostro ciclo di produzione del sistema”.

E’ un sistema pronto per essere utilizzato?

“Stiamo partendo adesso con lo sviluppo del prototipo di prodotto, quindi non sarà più un dimostratore, ma un prodotto. Contiamo di riuscire ad averlo in fase di ultimazione di certificazione al prossimo Salone Nautico, per poterlo poi vendere, contemporaneamente alla barca che ha fatto il giro d’Italia dimostrando che la tecnologia è affidabile”.

Registrate interesse verso questo tipo di sistema per dare energia alle imbarcazioni?

“Eravamo certi del fatto che questo sistema avrebbe riscosso un grande interesse da parte di tutto il settore e le nostre aspettative sono state superate. Riceviamo tutti i giorni moltissime richieste di informazioni, di vendite. Sta registrando un successo molto elevato“.

Cosa pensate possa accadere nell’imminente futuro su questo fronte?

“Veniamo contattati dai principali cantieri che adesso si affacciano sul mercato italiano. Siamo sicuri che nel corso di quest’anno nasceranno molte collaborazioni, che permetteranno agli armatori di poter andare in un cantiere, chiedere il nostro sistema e trovare già qualcosa di pronto o in fase avanzata da poter acquistare”.

Nei mesi scorsi si è parlato di Aqua, lo yacht alimentato a idrogeno liquido ideato dallo studio olandese di architettura navale Sinot e che i rumors hanno accostato al nome di Bill Gates. Il futuro è delle barche a idrogeno?

“Per quanto riguarda gli ausiliari di bordo, sì: il futuro è delle barche a idrogeno. Non vedo una cosa possibile a breve la propulsione, la sostituzione di un impianto diesel o un impianto tradizionale con un impianto a idrogeno. Quanto messo su Aqua con idrogeno liquido, che mi sembra avesse bombole per 26 tonnellate di idrogeno a bordo, è una cosa un po’ fantasiosa, ma lo scalpore suscitato dalla notizia di questo yacht è servito e serve più che altro a far capire quanto è grande l’interesse verso queste tecnologie nel settore della nautica“.

(sg)

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