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Ittinsect una startup che crea mangimi sostenibili per l’oceano

Una startup, nata dalla passione di due giovani velisti, che punta a creare mangimi sostenibili per l’oceano. Contro l’assurdità di sprecare il pesce in mangime per il pesce. Il racconto della visione di questi ragazzi

di Geraldine Schwarz

Tutto è cominciato, in mare. E’ agosto 2020 quando due amici velisti, poco più che ventenni, Alessandro Romano e Amerigo Guardigli, salgono su un Tornado, il catamarano olimpico più sportivo che c’è per mettersi alla prova per un viaggio “in solitaria” con il mare, da Venezia a Corfù. Quaranta giorni all’avventura, dormendo sulle spiagge e viaggiando per lo più lungo costa, tra Croazia, Montenegro, Albania, chiedendo acqua e cibo quasi come due naufraghi e mangiando quello che riuscivano a pescare.

 

“Due cose ci colpirono profondamente – racconta Alessandro Romano, che al tempo era un trader di navi da cargo insoddisfatto – la quantità di plastica enorme che raccoglievamo, anche in spiaggia, e che incontravamo in mare, e la pesca che era evidentemente eccessiva. Vedevamo molti pescherecci che pescavano grandi quantità di pesce e lì ci siamo chiesti, ma davvero ne consumiamo così tanto? poi abbiamo scoperto che ¼ del pesce azzurro pescato è destinato all’itticoltura e all’allevamento e ci si è accesa una lampadina”. Basti pensare che per alimentare un’orata di allevamento 1kg ci vogliono 5 kg di pesce trasformato in farina e olio di pesce. Uno spreco. Tanto più che questo significa a livello mondiale 8 milioni di tonnellate di pesce che diventano farina e 1, 7 milioni di emissioni di Co2.

 

Per alimentare un’orata di allevamento 1kg ci vogliono 5 kg di pesce trasformato in farina e olio di pesce. Uno spreco

Così è nata l’idea di Ittinsect, la startup romana che vuole ridurre al minimo l’impatto dell’acquacoltura sostituendo le farine di pesce con dei mangimi alternativi e innovativi a base di insetti e sottoprodotti agricoli trattati. Il team di under 30, di biologi marini, biotecnologi e tecnici di produzione animale ha trovato una ricetta che stanno sperimentando sulle orate e sulle trote, nei loro laboratori vicino Roma e nel parco dei laghi del Farfa. C’è anche uno studio di sperimentazione con le Università di Messina in Italia e di Mugla in Turchia, che ne attesta la qualità anche superiore e più nutriente degli attuali mangimi perché i pesci crescono più velocemente.

“Il nostro è un prodotto sostenibile – racconta Alessandro Romano, 27 anni, Ceo e founder della startup – permette di salvaguardare l’ecosistema e il mare e inoltre c’è anche un risparmio economico per gli itticultori. Abbiamo un’ottima sinergia con API, l’Associazione Piscicoltori italiani e alcuni di loro hanno già sottoscritto delle lettere di intenti di acquisto appena il mangime sarà in produzione.” L’obiettivo, se tutto va come deve e arrivano i finanziamenti del secondo round di investimento è raccogliere circa 500 K per finanziare l’entrata nel mercato e la produzione. Per il 2023 è in programma una produzione di 5 mila tonnellate di mangime che permetterà di risparmiare e salvaguardare 3 mila tonnellate di pesce azzurro e di piccoli pelatici. Ma quando sarà a pieno regime si potrà arrivare a risparmiare milioni di tonnellate di pescato l’anno.

FOOD TECHNOLOGIST PREMIA ITTINSECT

Ittinsect, nel frattempo, si è fatta notare a livello internazionale, selezionata tra le 10 startup della Blue Bio Alliance, ha vinto una competizione negli Stati Uniti legata all’istituto di Food Technologists (IFT) e il premio di sostenibilità ambientale di WWP. Inoltre una barca di Ittinsect ha partecipato anche all’ultima Barcolana per divulgare, regatando insieme all’API, di una nuova cultura dei mangimi che sta nascendo e che forse aiuterà il mare e l’ecosistema ambientale marino nei prossimi anni. “La nostra è una sfida che non si può rimandare – dice Romano – da velista innamorato del mare e da Ceo di Ittinsect credo che la salvaguardia degli oceani sia un compito che dobbiamo affrontare oggi, perché la pesca eccessiva sta minando tutto l’ecosistema d’alto mare, alterando la catena alimentare e compromettendo anche l’ossigenazione. E gli effetti si ripercuotono anche sulle coste e sulla vita umana, perché è proprio il mare a regalarci più della metà dei nostri respiri”.

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