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Viaggi in barca a vela, le storie di chi ha deciso di cambiare vita

Viaggi in barca a vela? Sì, ma non solo a breve termine. C’è chi ha deciso di lasciare tutto e vivere in mezzo al mare per molto tempo. Ecco due storie davvero interessanti.

In questi ultimi giorni, in particolare, ha destato curiosità la storia di una famiglia ungherese salpata la scorsa estate da un porto della Croazia e intenzionata a vivere in barca a vela per i prossimi cinque o sei anni, facendo ritorno sulla terraferma solo quando l’emergenza coronavirus sarà terminata. La famiglia Bosze – composta da padre (che lavora in smart working), madre e due figlie – è partita dall’Adriatico su un 50 piedi (il “Teatime”), ha attraversato l’Atlantico e ora è ai Caraibi. Il loro viaggio è raccontato nel diario di bordo online sailingteatime.com. Ma la famiglia Bosze non è la sola ad avere deciso di cambiare vita e imbarcarsi con biglietto di sola andata.

C’è anche una famiglia italiana, che ha deciso di trasformare i viaggi in barca a vela in un vero e proprio stile di vita. Qualche mese fa, la famiglia Barberis di Lecco ha venduto la casa di Milano per comprarsi una barca a vela – un ketch di 56 piedi che si chiama “Shibumi” – con la quale puntano ora ai Caraibi. L’equipaggio è formato da mamma Sara, papà Stefano, dai tre figli Iago (12 anni), Nina (8 anni), Timo (3 anni), e dalla loro labrador Pepper.

Intervenendo questa mattina su Radio Deejay, Sara Barberis ha raccontato: “Al momento siamo bloccati a Formentera. Da un paio di settimane Formentera è chiusa al turismo e abbiamo avuto il divieto assoluto di lasciare l’isola fino a quando la situazione non migliorerà”. E poi ha aggiunto: “Le Baleari erano una tappa fissa, non pensavamo di fermarci così a lungo. Ma va bene. Noi non siamo in regata, stiamo viaggiando, quindi ce la prendiamo con comodo. Teoricamente, pensavamo di andare alle Canarie, a Capo Verde e poi da lì fare la traversata, perché è il numero più ridotto di miglia di distanza con le prime isole dei Caraibi. Visto che i nostri programmi sono stati stravolti, pensavamo di uscire da Gibilterra, fare magari un po’ di costa del Marocco, andare a Madeira, magari fare le Azzorre, che sono un po’ più a Nord, poi scendere verso le Canarie. Dobbiamo sfruttare gli Alisei, che si sfruttano da novembre a febbraio”.

Sara Barberis ha poi spiegato: “Per il momento, il nostro è un biglietto di sola andata. Nel senso che abbiamo venduto casa, macchina, tutto quello che avevamo. Finché ci sono i soldi siamo in giro. La nostra idea è di rimetterci in gioco nuovamente, trovare dei lavori da poter fare da remoto e proseguire: dopo l’Atlantico fare il Pacifico e lì magari fermarci anche un paio di anni”.

Prima di imbarcarsi in questa avventura – nel vero senso della parola -, per l’educazione dei figli la coppia Barberis ha optato per l’istruzione parentale, riconosciuta per legge. Questo significa che i tre figli vengono istruiti direttamente dai genitori.

La famiglia Barberis ha trasformato un sogno in realtà. “Ci siamo guardati in faccia e ci siamo detti ‘si vive una volta sola’, quindi giochiamo tutto adesso che abbiamo quaranta anni”, ha spiegato Sara Barberis.

Chi fosse curioso di seguire la famiglia Barberis, scoprire la loro vita in barca e le loro abitudini quotidiane, può farlo sulla pagina Instagram sailing_shibumi. La famiglia Barberis ha poi il patrocinio dell’Istituto nazionale di fisica nucleare, che dà supporto in questo “floating lab”. A tal proposito, Sara Barberis ha spiegato: “Facciamo monitoraggio delle risorse energetiche di bordo e faremo dei laboratori con le scuole, per fare un parallelismo tra la vita di terra e la vita di bordo e approfondire il tema della sensibilizzazione ambientale”.

Foto: Pixabay

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