Buone notizie dal settore nautico in Italia. Il Covid-19 sembra non averlo fermato. Anzi. Nel 2020 sul fronte della cantieristica sono cresciuti fatturato (+9,9%) ed export (+12,6%). I dati sono emersi nel corso del Forum delle Economie dedicato alla nautica organizzato da UniCredit nell’ambito di #italianEXPerience, ciclo di incontri realizzati dalla banca online dedicati ai principali settori industriali. L’incontro – organizzato in collaborazione con Confindustria Nautica, Prometeia e Infomest Consulting – è stato aperto dai saluti introduttivi di Andrea Casini, responsabile corporate Italy UniCredit, e di Marina Stella, direttore generale Confindustria Nautica.
Secondo i dati dello studio Prometeia sul settore nautico dell’Italia, la cantieristica navale e nautica italiana, che conta oltre 1.300 imprese e un volume di fatturato superiore ai 10 miliardi di euro nel 2019, si attesta settore di punta dell’eccellenza Made in Italy. Quinto player mondiale e secondo europeo, subito dietro alla Germania, per quanto riguarda l’export, il settore nautico dell’Italia nel 2020 registra vendite oltre confine per più di 2 miliardi di euro.
Il settore nautico dell’Italia si è mostrato resiliente agli impatti determinati dalla pandemia, che comunque ha inferto il suo colpo. E’ stato infatti registrato un crollo degli scambi mondiali (-12% nel 2020, concentrato soprattutto negli entrobordo, comparto di maggior specializzazione italiana, mentre fuoribordo e barche a vela hanno ridotto al minimo le perdite – fonte Trade Data Monitor), che con il sostanziale blocco della mobilità internazionale, in particolare quella legata al turismo straniero, continua a perdurare anche in questa prima parte di 2021. Ma, nonostante ciò, la cantieristica è riuscita a reggere alla crisi e chiudere il 2020 con un giro d’affari di oltre 11 miliardi di euro, pari a una crescita del 9,9% su base annua, e con esportazioni per circa 4,9 miliardi di euro (+12,6% a/a). Ma il 2020 non è stato il solo anno in cui la cantieristica italiana ha registrato risultati positivi: dal 2010 al 2019 il valore del fatturato è aumentato di 2,3 volte, facendo registrare incrementi record in tutti i comparti (+133% nella produzione di entrobordo, +105% in quella di barche a vela, +76% in quella di fuoribordo – motoscafi e gommoni a chiglia rigida).
Tali risultati sono emersi dall’analisi dei bilanci di un campione di 70 imprese italiane con un giro d’affari prossimo ai 3 miliardi di euro e quindi rappresentativo dei tre comparti della nautica. Questi dati hanno permesso anche di evidenziare le peculiarità legate alla propensione agli investimenti, al ciclo commerciale e al ricorso alle fonti di finanziamento.
Secondo quanto evidenziato, come in molti altri settori di punta del Made in Italy, anche per il settore della nautica in Italia è cruciale il ruolo dei distretti di specializzazione, in particolare quelli dell’Alto Tirreno (da Genova a Livorno), dell’Alto Adriatico (da Trieste ad Ancona) e della Lombardia, territori dove la stretta connessione tra produttori e fornitori (terzisti, progettisti, componentisti, allestitori) consente di valorizzare al massimo i punti di forza della filiera nautica.
Settore nautico dell’Italia, le sfide future
Ma quali sono le sfide future? Nella speranza di superare la crisi pandemica nei prossimi mesi, la nautica italiana dovrà fare i conti con i grandi trend settoriali, legati, da un lato, ai cambiamenti nelle preferenze dei potenziali acquirenti e alla loro provenienza geografica e, dall’altro, ai percorsi di innovazione. Le leve per un business vincente sono rappresentate da innovazione, internazionalizzazione e attenzione alla filiera.
Un crescente interesse degli italiani per le vacanze in barca evidenzia un possibile diverso approccio alla fruizione del mare. Nel corso del 2020 i dati di Google Trends hanno fatto segnare il record storico per questo tipo di ricerche su internet, con una crescita del 40% rispetto al 2019 e che non accenna a diminuire anche nei primi mesi del 2021. Un piccolo segnale, forse non significativo allo stesso modo per tutti i tipi di imbarcazioni, ma che si inserisce nel solco dei paradigmi della sharing economy, con una maggior preferenza per la fruizione effettiva del bene piuttosto che per il suo possesso, in particolare per beni dall’elevato valore monetario.
Ma non c’è dubbio sul fatto che le sfide principali con gli altri player mondiali si giocheranno sui mercati internazionali. La grande sfida sarà, in particolare, intercettare una domanda potenziale che è molto segmentata a livello economico-sociale. In base a quanto sottolineato, i dati di commercio internazionale relativi alla nautica non consentono, complice il peso dei Paesi con vantaggi fiscali per iscrizione e immatricolazione dei natanti e la non necessaria coincidenza tra nazione importatrice e nazionalità dell’acquirente, questo tipo di identificazione geografica dei mercati, che si ricava invece in modo indiretto. Come? Verificando ad esempio le destinazioni di altri beni con forte connotazione di status sociale e a elevato valore unitario, come le automobili di lusso o le antichità d’arte, che hanno una maggior aderenza tra nazione importatrice e acquirente. Oppure, in un’ottica più di medio periodo, considerando il ruolo svolto dalla formazione culturale nello sviluppo dei gusti e delle aspirazioni delle classi sociali mondiali a più alto reddito: in questo senso, la nazionalità degli studenti iscritti ai master delle più prestigiose università Europee e del Nord America. In tutti questi casi, oltre ai mercati tradizionali, appare evidente il crescente ruolo dei Paesi del Medio Oriente e dell’Estremo Oriente, all’interno dei quali, integrando le informazioni sui grandi patrimoni individuali (più o meno distorte da effetti fiscali e dalla volatilità dei patrimoni azionari) è possibile identificare potenziali bacini di futuri acquirenti.
Sarà poi cruciale, considerando le forti radici industriali del settore, riuscire a mantenere un ruolo di primo piano nelle traiettorie di sviluppo e innovazione. Guardando il numero dei brevetti relativi ai materiali per gli scafi e ai motori marini, l’Italia risulta essere il nono Paese mondiale, in ritardo rispetto ai maggiori concorrenti, europei e non (Stati Uniti, Olanda, Germania e Francia). Un ulteriore sforzo per affermare in modo riconoscibile e oggettivo, attraverso i brevetti, il costante lavoro di innovazione svolto dalle imprese italiane potrebbe rafforzarne la centralità sui mercati mondiali, dove già oggi sono ai vertici per design e personalizzazione.